lunedì 23 settembre 2013



Testo24 FEB1 NOTApiero villani artista
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Artista nato a Bari nel 1947 dove vive ed opera. Espressionista-astratto
Comincia ad esporre appena ventenne. Personalità eccentrica e complessa, dà una personalissima interpretazione allucinante e ironica della realtà come risucchiata in uno spazio nevrotico. In lui c’è un senso di lacerazione tra fantasia e realtà e il sentimento per la natura si manifesta nelle sue opere con segni e non con forme. L’arte, secondo Villani, esiste tramite una catena di ispirazioni e tra l’altro “fare le cose non è difficile; difficile è mettersi nella condizione di farle”(Brancusi). La pittura è un modo di vivere. E’ così che lui trova la sua forma considerando l’arte come un modo di vivere, Villani si impegna nella sua professione in maniera totale, assorbito come il devoto è assorbito dalla sua divinità. Villani artista è un artigiano attento, ha un gusto del mestiere accurato, modifica il corso del colore, delle linee, delle sensazioni, delle forme e delle emozioni. La sua immaginazione è febbrile, la sua opera traduce particolari sogni interiori. I suoi labirinti stupiscono per i messaggi che trasmettono e per le sensazioni che suscitano. Villani ci accompagna in una foresta aggrovigliata di colore e segni che danno forma ai suoi sogni, ma che avvince, avviluppa lo spettatore. Strenuo assertore di una “filosofia” dell’attesa della sofferenza e del vivere “senza programmi prestabiliti”. Piero Villani ama vivere nel suo studio producendo e osservando la metamorfosi dei suoi segni e dei suoi colori. Lui produce per vivere con l’opera,con una forza che allucina e va dove lo portano la fantasia e il sogno. Le sue opere talvolta, apparentemente senza senso,raggiungono poetiche visionarie e magiche ed è proprio in quegli istanti che bisognerebbe incontrarlo per capire e comprendere meglio quello che c’è in lui.Con le sue tonalità cangianti,violente e aggressive,Villani,comunque,vuole dialogare,dire, dare,cantare sulle tele le proprie gioie e sofferenze ,le altrui gioie e sofferenze. Allora la storia continua finché lui continua a vivere.
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Lettera di Paolo Wagher
Caro Piero, in occasione della tua mostra, ulteriore testimonianza di una lunga carriera artistica mi prende la nostalgia di tempi lontani mai dimenticati. Hai cominciato che eri poco piu’ che un ragazzo e gia’ ti imponevi con la tua pittura “en plain air”, un ragazzo pieno di pulsioni creative, che proponeva una pittura dalle forti emozioni cromatiche. Parlavamo di arte, di nuovi fermenti culturali, di ribellioni, di mete da raggiungere. Che anni irripetibili! Costituivano momenti di vita oltre che di arte. Eravamo molto giovani, entusiasti e curiosi della vita quando a sera ci incontravamo in Via Margutta dove non era difficile “vedere” gli ultimi Maestri e gli allora giovani emergenti, ora gia’ noti. Il passare degli anni ti ha fatto conoscere a molti, anche se non con quel grande successo che meriti (che d’altronde tu stesso non hai rincorso, ecclissandoti per parecchi anni). Eppure, la tua e’ una presenza fondamentale nel panorama artistico italiano di questi tempi. Ne sono convinto io e sono sicuro che se ne convinceranno moltissimi altri finche’ sarai sulla scena. Ti abbraccio, Paolo Wagher, Ginevra, 20 0ttobre 2002
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Un testo di Giuseppe Scaglione
A proposito delle “donne di Villani” - Giuseppe Scaglione 20 settembre 1979
Quella di Villani senza dubbio non e’ una pittura facile, non solo per il caratteristico tratto “non-figurativo”, e neppure per la perentoria invadenza con cui presenta le sue donne su tela, dati comunque sconcertanti, quanto piuttosto per il coesistere nella sua arte di momenti onirici, quasi misterici, assieme a motivi romantici, talvolta pregni di malessere esistenziale che sublima spesso in tormento d’artista. Ben lontano dall’essere limitato da questo dualismo, Villani se ne serve con rara sensibilita’, utilizzando alternativamente le due componenti nei suoi giochi cromatici, l’una come mezzo espressivo dell’altra e viceversa, fino a fonderle in un’ unica tormentata immagine totemica, cedendo qua’ e la’ alla tentazione dell’informale, senza pero’ rimanere coinvolto. E la tensione all’unita’ sembra atteggiarsi in movenze arcane, come in un rituale magico ove si fonde passione e distacco. E’ una danza, e le sue figure sembrano liberarsi dal ruolo che egli stesso ha, con gesti decisi, prefissati. Le sue donne non sono “una donna”, ma “la donna”, e l’immagine si fa idea, oltre il ricordo, oltre l’esperienza, oltre la passione, oltre la rabbia. Le forme di Piero Villanisembrano evolversi seguendo una linea di analisi anatomica non dissimile dalla pittura gestuale di willelm De kooning, rifuggendo decisamente dallo spirito cubista, e collocando la sua opera nel solco delle avanguardie espressioniste, molto concedendo alla pittura dell’inconscio. Qual e’ l’atteggiamento di Villani riguardo al sociale? Egli non lo dice, nè emerge prepotente dal quadro come le sue ossessive forme femminili. Forse è negli spazi che lascia dietro le sue figure senza scenario che si puo’ cogliere una febbrile esigenza di distacco, un’ansia di liberta’, un senso di sottile melanconia che lo invita a consumarsi sulla tela (Giuseppe Scaglione)
Elettriche note di sangue
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Elettriche note di sangue durante un giorno di semplice assolutamente ordinaria follia.Testo di Telemaco Pepe (Luca Comanducci)
L’eco di uno stretto passaggio in un piccolo paesino di mare alla fine del secolo scorso, Brighton accesa di mille colori, in attesa di affondare nel passato e risvegliarsi all’alba del nuovo millennio… rincorro strade di mercato impervie ed anguste, mute bancarelle si accostano, poggiandosi sul mio sguardo, un soffio di gelido vento e poi di nuovo brillano luci e mercanti, giocolieri ed affabulatori, nomadi e mercantieri, nessuna disputa, nessuna voce al di sopra delle righe, mi trovo qui, semplice complice di uno squarcio di ordinaria esistenza… e quell’odore acre, spiazzante emanato da giganteschi mazzi di fiori, accanto all’Abbazia di Saint Ashbury, cosi’ tagliente e spossante nella sua armonia e bellezza visiva… Vorrei che tutto questo venisse tramutato in un immenso, abbagliante quadro dalla svenevole bellezza impressionista; proseguo il mio irregolare cammino, mano nella mano con i miei errabondi, vacui ripensamenti di folle anarchico incolpevolmente schiavo di se stesso, soppresso dalla pazzia. Ora, breve frammento temporale: uno stupido pianto di nevrotica frenesia davanti allo specchio, specchio graffiato dalla follia di antica donna “martirizzata”, assassinata dai mille amori falciati, sepolta dalla disillusione e ricoperta di rimpianto, quel corpo dalla intatta bellezza solcato dalle cicatrici della gelosia, fuoco alto, imperioso, distruttivo, simbolo di efferato nichilismo e ingorda cupidigia. Sporche, sgradevolmente dissonanti note di chitarra piangono un lamento-Blues di antica memoria, strizzano, lanciano strali strazianti, si contorcono, si smarriscono e si ritrovano senza che nessuno se ne accorga, mentre una giovane vergine viene assalita nel bosco del peccato da un maniaco sulla soglia del “bordo pericoloso”. Gli assoli del folle guitar-hero vengono rovesciati sull’intontito, barcollante ed estatico pubblico, con la stessa, trucida potenza di lame di coltello vengono “dirette” con insospettato taglio registico sul corpo della giovane, nuda ragazza. Lei comincia a strillare, ma nessuno sente, mentre la chitarra vomita il suo dissenso urlando una lacerante, ingovernabile sofferenza… stupro sul palcoscenico!! E stupro ai piedi di una quercia ora macchiata di acido sangue. La lama che persiste nel penetrare la pelle innocente di un fiore appena sbocciato… ed ora immediatamente appassito, morente, la chioma rosso-dorata che pende sulle radici dell’albero, involontario testimone di quel pianto straziato soffocato in pochi secondi dalla glaciale indifferenza di un uomo che mai ha osato amare ma che ha sempre saputo, con la medesima abilita’, stroncare i sentimenti altrui. Glaciale, come la lama affondata nelle vene della giovane vittima, il sangue dilapidato sembra mescolarsi con compatto orrore ai fili di erba illuminati dai filtri solari, creando un inedito, sconcertante contrasto tra due antitetiche visioni. Il concerto e’ terminato, ogni strumento e’ stato sacrificato in nome dello spettacolo; il pubblico ampiamente sfamato ed ora traboccante di lisergia non ancora del tutto diluita, si lancia verso i propri Dei da venerare, e presto il sudore si mescola al tumulto della folla vociante incapace di trovare uno sbocco verso l’uscita. Panico. I cocci della chitarra cinicamente stuprata, graffiata perpetuamente con il plettro d’acciaio, giace ridotta in briciole sul palco, defunta, dimenticata, e presto sostituita. Altro non rimarra’ che una tenue, fioca luce volta ad illuminare, piangente, l’ultima, rabberciata corda chiaramente visibile, cosi’ maledettamente raggomitolata su se stessa, prima che sopraggiunga una spettrale, soffocante, raccappricciante, inedita, definitiva oscurita’. Telemaco Pepe
Ringrazio Telemaco Pepe (Luca Comanducci) per avermi autorizzato a pubblicare su questo sito il testo “elettriche note di sangue” che credo si accompagni stupendamente all’opera “Brighton n.0007” da me composta proprio a Brighton (U.K.) agli inzi del 2004. Piero Villani
Brighton amore mio,
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Brighton è una delle città più turistiche frequentate dagli inglesi ed i suoi colori sono bellissimi. L’impatto visivo che si gode dai moli è grandioso, ed enormi gabbiani volano e atterrano ovunque nella ricerca del cibo. Numerosi pescatori a lenza popolano il lungomare.Il Brighton Pier è un molo all’insegna del divertimento, dove sono stati costruiti sopra montagne russe, giochi di ogni genere e una pista di go-kart. Dal Brighton Pier si gode una vista meravigliosa di tutta la parte costiera della città ed i colori incantano inverosimilmente…Il Pavillon è il monumento più famoso di questa città con il suo stile orientale e il bel giardino perfettamente curato (ed anche qui vedi colori,colori,colori….) Al calar del sole i riflessi gialli colorano magicamente la pallida facciata del Pavillon. Anche in controluce il gabbiano è sempre presente!…..
Inno alla solitudine
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Inno alla solitudine, durante notte spesa da bohemiene, rivoltato su se stesso, esausto, sporco, sgualcito, in un angolo buio, solo e senza respiro. Testo di Telemaco Pepe (Luca Comanducci).

La pioggia che batte sugli angoli sporchi ed oscuri accanto all’insegna dell’ultimo pub irlandese, camicia sgualcita e lercia, “reduce” da innumerevoli notti insonni, pensieri Tamburo-battenti, ossessivo-compulsivi conferiscono un gotico ritmo all’ennesima, incomprensibile notte distorta da macabre illusioni, squarcio di tenebra perennemente vissuta sull’orlo di un baratro appiccicato sulla mia schiena, in attesa si faccia ancor piu’ tetro, quel cielo avvolto da sadiche nubi, aventi forma di occhi spiritati e denti digrignanti, manifesto sonoro del mio tribolare fra demoni ed angeli, angeli e demoni, notte maledetta, l’ennesima notte maledetta, entri nel locale e nessuno ti saluta, ti siedi e nessuno viene a chiederti ordinazioni, ti sdrai, completamente esausto, provocatoriamente sul tavolino un tempo “teatro” di accese, animate ed espressive discussioni con cari amici di quel tempo che fu. Ognuno dona amore all’altro, ed io, spione ruffiano incompreso vigliacco di me stesso segregato su quell’olezzoso pezzo di legno, ancora maleodorante di odiata birra, nessuno viene a pulire ed a pulirti, nessuno sente il bisogno della tua presenza, inaccettato, scarto di una sera come tante altre, saluto una dolce, irresistibile ninfetta ma lei, con mio stupore, fugge e mi lascia con il cervello interdetto, lievemente pietrificato, comunque ancora sotto controllo. Cerco facce, m’incuneo in sguardi che possano almeno indicarmi quale sia uno straccio di retta via al fine di concludere con dignita’ ed orgoglio una nottata figlia legittima di puttane e biscazzieri, stupri e caldissimi baci seguiti da un violento, rovente rapporto sessuale, fino ad un attimo prima proibito. Stravarico braccia e gambe, in un patetico tentativo di destare un barlume di Attenzione, in fondo sono solo l’ombra di un ricordo di serata condotta a vele Spiegate trainate da debordanti risate, e ritmate da sarcastici, acuti commenti Da bohemiène spesso sdraiato su inutili orpelli psichedelici illegittimi padri di Sperticati, scorticati sogni pervasi di acida, pomposa teatralita’, teatralita’ di Primadonna che vende i suoi pregiati, dorati sogni a misconosciuti passanti od A coppie in crisi d’identita’, pronte a quel senso di riconciliamento a me sin troppo Sconosciuto, in vita. E’ giunto, finalmente, attesissimo, il punto dell’OK CORRAL, esso sancisce il mio piu’ totale, sconvolgente disinteressamento verso coloro che non mi hanno saputo regalare che sconforto e tanta, somma indifferenza, vengo ucciso minuto dopo minuto, redento mi sento a stento, agognato lamento, anticamera del tormento. Obliabile, questo momento di vita mal condotta, mal apprezzata, mal amata, il Lato Oscuro della mia psiche si e’ intrufolato, bastardo e scaltro, nell’allegoria fulminante sulla quale il mio debole, vulnerabilissimo ego era solito appoggiarsi……… La manie di persecuzioni di un isolato, represso, boicottato individuo, la cui unica attivita’ risiede nel trascinarsi, scontatamente, pateticamente in un mare di irrisolutezze, ego ora schiacciato da una totale mancanza di stima, vegetale anarchico rivoltato su se stesso ed i propri apparentemente irrisolvibili, irreversibili e caustici dilemmi. Osservo, mentre il mio fegato si apre in un riso di scherno pronto a vomitare Reboante risentimento sul primo passante, una coppia di felici innamorati scambiarsi un infinito bacio di riconciliazione, mentre il sottoscritto, malato e perverso, scruta con indagare malefico e sottilmente glaciale, il loro legittimo operato. Non mi importa se cio’ sarebbe stato tutto quello che invece mai e’ stato, e forse mai sara’; l’unico valore accertato, comune denominatore di questa perpetua decadenza notturna e’ un generale, obliquo cancellamento di ogni singola sensazione, lo sventramento di una sensibilita’ atta ad estinguersi, prima o poi, onde lasciare posto e gloria al Sovrano Dio Cinismo. Sabato nero, per un’anima nera, in diabolica suggestione verso incroci di strada scarsamente illuminati, rispettanti un copione di serrata cinematografia grandguignolesca, sferzante in quei chiaroscuri cosi’ ambigui, cosi’ selvaggiamente contorti, espressivamente inespressivi. E mentre tutti tornano a casa, soddisfatti ed appagati della loro giornata lavorativa, felicitati della sempre fedele presenza dell’insostituibile consorte, io mi dileguo, pacatamente, senza far trillare nemmeno il pavimento, sicuro, una volta di piu’, di aver celebrato la mia imponderabile, assoluta, inconvertibile, inespugnabile solitudine. Lei si… davvero la mia Dea……. 

NOTA: Questo testo è depositato presso www.neteditor.it e quindi coperto da diritti d’autore. Esso non potrà essere riprodotto totalmente o parzialmente senza il consenso dell’autore stesso.

NOTA AGGIUNTIVA: Per gentile concessione ed autorizzazione alla pubblicazione su questo sito di Telemaco Pepe (Luca Comanducci)